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Le notizie sulla vita di Alipio sono contenute quasi totalmente nelle opere del suo grande amico, s. Agostino, con il quale divise gli errori della gioventù, la conversione e le fatiche dell’apostolato. Alipio nacque a Tagaste da genitori che erano tra i maggiorenti del paese. Piccolo di statura, ma di animo forte e di indole virtuosa, strinse un’affettuosa ed intima amicizia con s. Agostino, tanto che questi lo chiama ripetutamente frater cordis mei. Più giovane di qualche anno del suo amico che era nato, come si sa, nel 354, ne frequentò le scuole di grammatica nel paese natale e le scuole di retorica a Cartagine; lo precedette a Roma, dove si recò per studiare diritto, e lo accompagnò a Milano. A Roma fu assessore del comes delle elargizioni per l’Italia e diede, in questa circostanza, rari esempi di illibatezza e di disinteresse. Resistette energicamente alle pretese di un senatore potentissimo che tentava d’indurlo a commettere illegalità, restando indifferente, tra la meraviglia universale, sia alle minacce che alle lusinghe: “anima rara, scrive Agostino, “che non faceva caso dell’amicizia e non paventava l’inimicizia di un uomo cosi potente, famosissimo per gli innumerevoli mezzi che aveva di far del bene o di far del male”.
L’amicizia con Agostino valse a ritrarlo, momentaneamente, dalla passione per i giochi del circo, ma lo trascinò nel manicheismo. Con l’amico Alipio visse il travaglio del ritorno alla fede; castissimo di costumi, gli fu di sostegno nella lotta contro le passioni, e lo sconsigliò dal prendere moglie per non rinunziare a vivere liberamente nell’amore della sapienza; fu presente alla crisi della conversione e ne seguì l’esempio; si ritirò con lui a Cassiciaco, dove prese parte alle dispute di filosofia, e insieme con lui ricevette il battesimo il 25 aprile 387. L’anno seguente Alipio tornò in Mrica e a Tagaste si ritirò con gli amici a vita cenobitica. Nel 391 seguì Agostino nel monastero d’Ippona. Poco dopo viaggiò in Oriente e strinse amicizia con san Girolamo. Fu caro a san Paolino da Nola, che ne ammirava la santità e lo zelo. Eletto vescovo di Tagaste, quando s. Agostino era ancor prete, a fianco di lui, per quasi quarant’anni, rifulse nella Chiesa d’Africa come riformatore del clero, maestro di monachismo (santa Melania Iuniore passò sette anni a Tagaste sotto la sua direzione) e difensore della fede contro i donatisti e i pelagiani. Nel 411 partecipò alla Conferenza di Cartagine, e fu tra i sette vescovi cattolici che sostennero le dispute con i donatisti. Nel 418, per incarico di papa Zosimo, si recò a Cesarea di Mauritania per affari ecclesiastici, e prese parte alla disputa di Agostino con Emerito, vescovo donatista. Contro i pelagiani si adoperò con tanto zelo che fu dagli eretici unito ad Agostino nell’odio e da Girolamo nel merito.
Nel 416 partecipò al concilio di Milevi (Numidia), e ne scrisse al papa Innocenzo. Per la causa pelagiana venne più volte in Italia, latore di opere agostiniane al pontefice Bonifacio e al comes Valerio. Nel 428, da Roma, inviò all’amico una replica di Giuliano, e insisté perché rispondesse. Sono le ultime notizie che abbiamo di lui. Si presume che fosse ad Ippona per la morte di sant’Agostino, e che sia morto nello stesso anno 430.