SAN FULGENZIO DI RUSPE
(Thelepte 467 – Ruspe 527)
La vita di Fulgenzio è descritta nella Vita S. Fulgentii, un testo redatto nel 533 ed attribuito ad un suo discepolo, il diacono cartaginese Ferrando, morto nel 546 circa. Fulgenzio apparteneva alla ricca famiglia senatoriale romana dei Gordiani che si era stabilita a Cartagine. Nacque a Thelepte, oggi Nedimet-el Kedima, presso Tunisi nel 467. La madre Mariana curò con diligenza la formazione cristiana e culturale dei suoi due figli, e Fulgenzio in particolare dimostrò presto una intelligenza vivace ed una ottima memoria. Benchè giovane venne presto incaricato dalla madre a gestire l’amministrazione dei beni familiari. Per le sue doti gli fu affidato l’incarico di procuratore delle imposte della sua provincia. Si era assicurato una vita agiata, dedita alla cura dei beni terreni e non priva di mondanità. La sua fede e l’amore per lo studio lo tenevano ben ancorato però allo studio della Bibbia e fu proprio questa lettura a fargli nascere nel cuore una santa inquietudine per la sua condotta di vita.
A poco a poco cominciò ad allontanarsi dalle occasioni mondane e dalla sua cerchia di amici. La conversione piena arrivò però solo dopo la lettura del commento al salmo 36 di Agostino, che lo convinse a darsi totalmente all’ascesi. Si decise a indossare l’abito monastico: dapprima rimase a vivere in casa dedicandosi alle comuni occupazioni familiari ed amministrative, e poi completando il dono di sé entrò nel monastero di Fausto. Qui Fulgenzio maturò la sua impostazione ascetica. Le persecuzioni di Unnerico fecero disperdere la comunità di Fausto e Fulgenzio trovò rifugio in un monastero vicino, dell’abate Felice, del quale divenne a poco a poco un fidato collaboratore, fino a dividerne l’autorità abbaziale. Le continue invasioni e le insidie degli ariani costrinsero anche la comunità di Felice a spostamenti continui: Fulgenzio fu imprigionato con i suoi confratelli, e dopo la loro liberazione dovettero affrontare altre peripezie. Attratto dalla solitudine perfetta del deserto attraverso la lettura delle opere di Cassiano, viaggiò verso l’Egitto, ma fu dissuaso dal suo proposito per le eresie che serpeggiavano nella terra degli eremiti.
Passò pellegrino per Roma e conobbe persone illustri con le quali instaurò successivamente dei rapporti epistolari. Fu ordinato vescovo a Ruspe nel 502 ma venne esiliato due volte in Sardegna. Fondò monasteri sia in patria che durante il periodo dell’esilio e fu sempre combattuto tra la vita cenobitica e l’anelito verso la totale solitudine. Dai suoi scritti traspare la sua passione per il pensiero di Agostino: il suo ideale di vita monastica si rifà a tal punto a quello agostiniano da essere chiamato “Augustinus breviatus”. Anche lui, come Agostino, resse la sua piccola diocesi di Ruspe sullo stile monastico. Presso la chiesa cattedrale aveva infatti eretto un nuovo monastero, nel quale egli stesso viveva poveramente, dedicando gran parte del suo tempo alla preghiera corale e alla composizione di opere dottrinali e pastorali. Padre e pastore del suo gregge, devolveva tutte le sue entrate ai poveri. Aveva spiccata attitudine alla predicazione: si racconta che il vescovo di Cartagine, sentendolo predicare nella basilica di Furnos, pianse di commozione. Morì a Ruspe il 1 gennaio dell’anno 527.
L’Ordine agostiniano celebra la sua festa il 3 gennaio con una messa già a partire dal 1581.