Vi narrerò di un drago e di una delle più note figure della Maremma e, al contempo, delle più celebri d’Europa.
Sorge dalle nebbie dell’undicesimo secolo, per il vostro diletto (almeno spero) uno dei grandi: Guglielmo decimo Duca d’Aquitania. Nobilissimo cavalier cortese, crociato e pellegrino indefesso, prima scomunicato per indicibili sregolatezze e poi convertito ad opera di San Bernardo di Chiaravalle e riaccolto in seno alla Cristianità.
E che c’entra con la Maremma vi chiederete voi? C’entra perché Guglielmo d’Aquitania e San Guglielmo il Grande, il famosissimo taumaturgo dal cui compagno di eremitaggio, Antonio, discese poi l’Ordine dei Guglielmiti, San Guglielmo di Malavalle presso Castiglione della Pescaia, insomma, son la medesima persona. Ed ecco che la Maremma rientra a pieno a titolo nelle più intricate ed avvincenti vicende dell’Europa medievale. Non ci dimentichiamo San Galgano! Ma questa è un’altra storia, diceva Kipling.
Sbarcato, dunque, a Pisa di ritorno dalle Terre Sante, questo imbattibile campione della spada prima e della croce poi, si ritirò nell’eremo detto “Stalla di Rodi” sul Poggio Bruno presso Buriano. Troppo lungo e troppo ricco è l’elenco dei miracoli che il santo compì in quelle contrade, e del bene che praticò ai bisognosi, tanto che l’erba curativa agrimonia qui è detta “pianta di San Gugliemo”, ma un fatto lo rende, forse, più famoso degli altri: la lotta col drago di Malavalle!
In Pian d’Alma, sgorgava una sorgente che dissetava tutte le numerose popolazioni vicine, finché una grotta prossima alla sorgiva non venne occupata da un mostro infernale, la cui ferocia niun era riuscito a piegare. Per potersi abbeverare a quella fonte, la bestia pretendeva in pedaggio le più giovani e belle vergini dei paesi vicini. E qui, vero?,si potrebbe anche capire, l’animale! Certo, oggi, sarebbero morti tutti di sete. Comunque! Fosse che dopo un po’ la materia prima venisse a scarseggiare, fosse che tra draghi, malaria e ratti dei pirati, nessuno batteva più chiodo, i poveretti affranti e disperati si rivolsero a San Guglielmo, il quale, si narra, continuasse a portare, sotto il saio, la cotta di maglia, simbolo di quegli ideali di cavalleria che non aveva mai smesso di onorare.
Non si mostrò insensibile, il santo eremita, alle preci degli oppressi, tanto che, impavido, si diresse ad affrontare la creatura infocata. E questo era un drago a tutti gli effetti, noto proprio per un fuoco contro cui nullo usbergo aveva sin’allora retto. Lo scontro fu epico, ma il santo guerriero passò indenne tra le fiamme abbrucianti che nulla potettero contro l’impenetrabile purezza del combattente della fede e, non appena gli fu giunto a tiro, quell’essere pravo e fumigante fu schiantato affatto e per sempre.
La tana del drago divenne, da quel dì, l’eremo di San Guglielmo sino al 10 Febbraio del 1157, quando Guglielmo, Duca di Aquitania, salì al cielo per divenire Duca delle Schiere Beate dei Santi e degli Eroi eletti di Dio, pur rimanendo per sempre protettore e purificatore delle terre e dei cuori della nostra contristata ma tanto amata Maremma.