Sono nato a Misano Monte il 13 ottobre del 1953 e ho vissuto i primi tre anni in campagna con i genitori e i nonni. Quindi ci siamo trasferiti alle Fontanelle di Riccione e lì sono cresciuto. Ho frequentato il catechismo per la Prima Comunione e la Cresima presso le suore Maestre Pie, a Riccione Paese, nella parrocchia di San Martino, alla chiesa vecchia. In quegli anni ho visto con gli occhi di bambino la nascita della nuova parrocchia delle Fontanelle e, come ministrante, ho seguito l’impegno del parroco incaricato, don Gino. Ho iniziato il mio percorso al Seminario minore di Rimini (per gli studenti delle medie e delle superiori), l’edificio dove ci sono oggi le scuole Marvelli, dal 1964 al 1972. Un’esperienza fantastica. Ho studiato al liceo classico Giulio Cesare. Tra i miei coetanei c’erano don Danilo Manduchi, don Paolo Donati.

Una volta divenuto sacerdote, ho fatto per tre anni l’assistente in Seminario ai gruppi dei piccoli. Poi, per 18 anni sono stato parroco a Borghi e frazioni vicine, facendo anche i primi esperimenti di zona pastorale. Dopo, per 17 anni sono stato parroco a Marina Centro, nella parrocchia di San Girolamo, e per un biennio ho abitato anche a San Nicolò con don Dino Paesani, don Vittorio Metalli e don Alessandro Zavattini. Sette anni fa sono stato mandato al Crocifisso, la parrocchia di S. Andrea dell’Ausa.

Vengo dalla campagna, dalla periferia. Un’inclinazione al lavoro ‘manuale’ mi ha sempre accompagnato e mi stimola anche oggi. Ho insegnato due anni religione all’Einstein, e qualche anno nelle scuole Medie ed Elementari del tempo. Mentre ero parroco a Borghi mi è stato chiesto anche di accompagnare per alcuni anni i seminaristi di teologia al Seminario regionale di Bologna. Per un certo periodo sono stato responsabile dei diaconi permanenti della nostra Diocesi e incaricato del GRIS, il gruppo di informazione sulle sette. Rimane, al di là di tutto questo, che mi piace ‘fare’, produrre qualcosa.

Quando mi sono trovato a Borghi avevo 28 anni: era una parrocchia di campagna e cercavo di tessere una rete di relazioni con le persone e altri sacerdoti. Come facevo? Andavo nel bar a parlare con la gente, ho provato anche a giocare a carte con loro. Oppure andavo nei campi ad aiutare la gente a lavorare la terra. Non era il mio posto, ovviamente, me lo facevano capire. Ma era un periodo nel quale cercavo, con ogni mezzo, e ogni strada, di costruire una comunità viva.

Il mio impegno è quello a portare la vita buona del vangelo nel territorio e negli ambienti di vita. E poi certamente la corresponsabilità nella vita comunitaria, anche se oggi le persone non sono così attive come in passato e tendono a defilarsi. Purtroppo, molti vivono la parrocchia come un centro sociale, un’elargizione di servizi, ma si mettono poco in gioco. Ecco, la parrocchia è di tutti ed è un luogo vitale se ciascuno si coinvolge. È questo lo stile con il quale desidero continuare il mio impegno di parroco.

La parrocchia è “chiesa presso le case”, come dice l’etimologia greca della parola. Dobbiamo essere una comunità missionaria.