Qualche giorno fa, a Piacenza, una ragazza di 13 anni è morta a causa della caduta dal balcone di casa, probabilmente spinta dal suo fidanzato – o pseudo tale – di 15 anni. Continua ad aumentare così il tragico catalogo delle morti violente per omicidi o suicido con protagonisti ragazze e ragazzi minorenni.
Esiste una traccia comune tra tutte le vicende? Io penso di sì e si tratta del baratro educativo in cui è caduta una generazione.
Non tanto sul piano dei bisogni materiali, quanto su quello dei bisogni educativi fondamentali, quelli che sostengono la crescita e che sembrano non interessare più a nessuno.
In questa assenza si riconosce un tratto comune, che crea le condizioni favorevoli per atti impensabili, agiti come se ci si trovasse dentro un videogioco. “Non so perché l’ho fatto” dichiara uno di questi ragazzi, rendendo chiarissimo come il confine fra realtà e fantasia sembra non essere stato acquisito a livello di comportamenti e di mentalizzazione.
Sembra mancare un substrato di apprendimento, quello che da sempre si definisce “imparare a stare al mondo” e che rappresenta il collante necessario nel passaggio da una generazione all’altra. Oggi questo appare un optional moralistico, inutile, consegnato a puri e semplici spiegoni che non vengono raccolti dai ragazzi in fuga dal nido familiare.
In tale contesto, salta agli occhi l’assenza di un educativo paterno che sappia porre un limite fra i desideri e la realtà. Che possa chiarire come la vita sia convivenza e non il tentativo di assoggettare chi ti sta vicino alle tue pretese. Serve un paterno che sappia aiutare a riconoscere, affrontare e gestire gli inevitabili conflitti relazionali senza che siano percepiti come un pericolo.
Ogni forma di contraddizione rispetto al proprio pensiero non può risultare una minaccia insostenibile. Purtroppo, il più delle volte questa figura sembra essersi liquefatta in contemporanea all’assenza di una forte comunità sociale educativa che potrebbe funzionare come valido sostituto. Stiamo di fatto abbandonando i ragazzi e le ragazze a un destino di orfanità educativa, con i mille pericoli che ciò comporta.
La sessualità, lasciata in balia dei siti porno, è una delle principali spie di questa situazione. Ricordiamo che questi siti possono essere frequentati anche da bambini di 8-9 anni, se lasciati liberi di usare uno smartphone con accesso a Internet, con tutti i traumi che tale atto può causare. La carenza di educazione sessuale spinge a una promiscuità esperienziale priva di tempo, senza una corrispondenza con i tempi di crescita. Avere il primo rapporto sessuale a 12 o 13 anni può generare traumi. Chi si è formato su siti porno, intrinsecamente misogini, rischia di percepire la sessualità come semplice atto meccanico basato sulla performance, dimenticando di fatto lo scambio affettivo.
Ma dov’è il mondo adulto? Come si può lasciare che già a 13-14 anni i genitori lascino dormire assieme un ragazzino e una ragazzina, trattandoli come se fossero una coppia adulta? Sono concessioni che alimentano la precocità sessuale e danneggiano la tenuta psichica.
Altra problematica che emerge è quella del genitore-amico, che non introduce un’organizzazione educativa in risposta all’esplosione adolescenziale. Una figura che eccede nelle urla ma non ama mettere paletti. Tra eccesso di maternage e ruolo paterno latitante, viene a mancare un gioco di squadra che permetta di non mettersi alla pari con i propri figli e di mantenere i propri ruoli. I ragazzi e le ragazze non hanno bisogno di genitori amici ma di adulti che sappiano reggere il peso del proprio ruolo.
Così a farla da padrone è l’isolamento, specie quello virtuale, che sopperisce a una difficoltà nello stare con gli altri, nel creare quella compagnia adolescenziale che da sempre ha fatto da sfondo creativo alla crescita dei ragazzi e delle ragazze. Un isolamento che a volte gli stessi adulti sembrano incentivare, nella paura che lo stare con gli altri si riveli pericoloso.
Ma il punto vero è che in queste tragedie non ci sono colpevoli. Ci sono drammi che si consumano nell’indifferenza sociale e politica. È mai possibile che a fronte del costo di 900.000 euro per una rotonda, non si riesca a dare alle famiglie un adeguato sostegno economico per far frequentare ai propri figli i centri estivi, le scuole dell’infanzia e agli asili nido?
I genitori sono soli. Occorre investire di più nel sostegno educativo dei genitori, nelle scuole, nello sport, nelle strutture di aggregazione. Dobbiamo dare vita a una riflessione comune su come i nostri soldi debbano essere usati. Continuare a spenderli in autostrade e cemento o ricordarci che la priorità sono le nuove generazioni? Se le tradiamo solo perché non votano, tradiamo noi stessi e il futuro di tutti.
Daniele Novara
Epidemia di morti violente fra minori. NON LASCIAMOLI COSÌ TANTO SOLI
Avvenire 3 novembre 2024