A pranzo da conoscenti, uno dei commensali, un ragazzo di circa 19 anni, sosteneva con forza il suo desiderio di “vivere la vita a mille”, cioè fare il maggior numero di esperienze possibili. Va a scuola, ma dice che non gli interessa quello che studia; vuole fare il musicista, ma si dedica in modo alterno allo studio di uno strumento; ha gli amici e una ragazza, ma non sembra occuparsi di loro più di tanto. Ho cercato di fargli capire, in modo rispettoso, che bisogna avere degli obiettivi nella vita, non necessariamente i soldi e il successo, ma qualcosa di concreto che faccia sentire realizzati. Non mi sembra però che abbia capito. (ARTURO)
Risponde Fabrizio Fantoni psicologo e psicoterapeuta 3 figli
Caro Arturo, vivere la vita fino all’ultima goccia: un ideale di sapore dannunziano, in salsa postmoderna, dove le esperienze vengono idealmente consumate una dopo l’altra, con lo scopo apparente di sperimentare sé stessi nei diversi ambiti.
L’obiettivo c’è, nelle intenzioni di quel ragazzo: non sta nell’acquisire competenza attraverso una pratica costante, per poter poi realizzare qualcosa di concreto, utile per sé e per gli altri.
L’obiettivo è il cambiamento continuo, che nel passaggio da un’attività all’altra mantiene alto lo stimolo della novità, e non fa correre il rischio della fatica e della ripetizione.
Questo genera un’eccitazione continua, che esorcizza il rischio della noia. Negli adolescenti, la noia e il grigiore appaiono spesso come le caratteristiche salienti del mondo adulto. Forse allora è di questo che parla il tuo giovane commensale: del suo non voler diventare adulto, per paura di perdere la sperimentalità effervescente dell’adolescenza.
E per non dover fare i conti con le scelte (che implicano sempre delle rinunce) e con i propri limiti. Noi adulti dovremmo provare a capire il motivo di questa riluttanza a divenire adulti.
Ci sono lettori che hanno qualche idea in proposito?
Dalla rubrica: Noi in famiglia
su Famiglia Cristiana 50/2024 del 15 dicembre 2024