
(Famiglia Cristiana 23/2025)
Oggi Messa di Prima Comunione per tanti bambini. Chiesa stracolma. Moltissimi giovani (sotto i 45, diciamo). Molti altri bambini e ragazzi. Coro al massimo delle prestazioni, con canti accessibili ed entusiasmanti. Bambini protagonisti all’acclamazione al Vangelo, alla preghiera dei fedeli, alla presentazione dei doni, alle preghiere suppletive dopo la Comunione. Genitori come lettori alla liturgia della Parola. Una vera festa condivisa. Come dovrebbe essere ogni Eucaristia. Ma tutti sappiamo che la prossima domenica non sarà così, né quanto all’affluenza, né quanto alla condivisione, seppur contenti di una Messa memorabile e illusi che ciò possa bastare alla trasmissione della fede. Omelia appiattita rispetto alla salienza del rito e bandita dai nostri pulpiti ogni forma di propaganda (seppur in un mondo in pugno al marketing): «Questa è la nostra Eucaristia. La domenica è il giorno del Signore e noi così lo festeggiamo. Vi aspettiamo a braccia aperte. Tutte le volte che volete». ROBERTO B.
Caro Roberto, questo non deve sorprenderci troppo in una società come la nostra così “eventizzata”, sempre più legata cioè a eventi singoli e sempre meno propensa ad appartenenze definite e stabili, almeno rispetto a un tempo non lontanissimo da noi quando queste appartenenze erano parte integrante dell’identità delle persone.
Eventi di ogni tipo si moltiplicano e giocano sempre più un ruolo centrale nel tessuto culturale, economico, sociale della nostra vita. Con conseguenze, naturalmente, anche nel nostro vivere ecclesiale, perché la Chiesa vive nel mondo e partecipa con i battezzati alla vita concreta delle persone.
Il nostro tempo libero è, infatti, caratterizzato dalla frequenza di appuntamenti singoli e unici, che spaziano dai festival (ne stanno sorgendo ovunque e per qualunque tema), mostre d’arte, conferenze, cerimonie nazionali e locali, manifestazioni sportive e, naturalmente, celebrazioni liturgiche particolari come, soprattutto in questo tempo dell’anno, Battesimi, Comunioni e Cresime. Senza contare che, con l’aumentare della digitalizzazione, anche gli eventi virtuali online stanno guadagnando popolarità, ampliando l’accesso potenzialmente a tutti ma anche sfidando le esperienze tradizionali in presenza. Tutto questo favorisce un cambio di mentalità, sempre più orientato all’individualizzazione dei bisogni e al modo di soddisfarli, e toglie tempo e spazio a partecipazioni Più strutturate e costanti nel tempo. Molti di questi eventi, anche televisivi, sono proprio progettati per diventare esperienze memorabili enfatizzando aspetti visivi, tecnologici e mediatici per attrarre e coinvolgere un sempre Più vasto pubblico. Qualcosa che ti faccia dire: “C’ero anch’io”.
Dobbiamo riconoscere, tuttavia, che un aspetto importante di questa società “euentizzata” è la sua capacità di creare pur una certa forma di aggregazione sociale. Gli eventi diventano piattaforme per l’interazione sociale e il “networking” (cioè il mettersi in rete), permettendo così alle persone di riunirsi intorno a interessi condivisi.
L’altra faccia della medaglia, però, oltre a una talvolta eccessiva importanza alla dimensione commerciale di tali eventi, è che in essi l’investimento in termini di coinvolgimento personale e di stabilità delle relazioni è limitato. Infatti, se da un lato questo fenomeno contribuisce alla costruzione e al rafforzamento dell’identità sociale e culturale di un popolo o di una sua porzione locale, offrendo stimoli che possono favorire in qualche modo un senso di appartenenza alla comunità, dall’altro, molto spesso, non danno luogo a forme di aggregazione stabile. Pensiamo anche a fenomeni ecclesiali mondiali, come le tante Gmg di questi decenni o la recente morte di papa Francesco e la seguente elezione di Leone XIV.
Molti lamentano questa realtà di oggi, soprattutto se pensiamo a tempi ormai lontani in cui ogni paese e città aveva molteplici realtà comunitarie, oggi almeno in parte scomparse: circoli culturali, sedi di partito, confraternite, associazioni e, ovviamente, esperienze ecclesiali legate soprattutto alle parrocchie (una per tutti l’Azione cattolica, oggi meno presente di un tempo).
Non deve coglierci di sorpresa, dunque, l’esperienza che hai fatto in parrocchia, ma che anche moltissimi di noi vivono proprio in questi giorni. Dobbiamo, allora, limitarci alle critiche rispetto a questa situazione o cercare di cogliere in essa, accanto al tramonto di un modo più comunitario di vivere la Chiesa, delle opportunità che si aprono?
Pensando positivo, e cercando motivi di speranza nella certezza che lo Spirito Santo guida sempre la Chiesa (e le singole chiese locali in ogni luogo del mondo) a portare le anime a Cristo, dobbiamo apprezzare la bellezza di una liturgia ben preparata e coinvolgente come quella che hai vissuto. Il bello, il buono e il vero sono attraenti di loro.
L’esperienza della fede nasce nel cuore dell’uomo proprio nell’incontro personale e unico con Gesù, il Buon e Bel Pastore che ci dona sé stesso nell’unica Verità che salva. Dobbiamo augurarci allora che quella bellissima esperienza di fede che avete vissuto in quell’ora della Messa non scivoli via dal cuore delle tante persone che erano presenti. Cioè che non sia stato un “evento qualsiasi”, ma talmente unico da far germogliare, in quello che hanno intravisto in chiesa, il desiderio di una festa continua, quella che ci viene offerta da Dio non solo nella comunione ultima e definitiva del paradiso ma, anche, qui e oggi in terra.
Forse le nostre parrocchie e in generale le nostre comunità cristiane fanno fatica a creare quel tessuto umano e comunitario di gioia che spinga le persone a voler continuare la festa tutti insieme nell’ordinarietà della vita. Per questo non bastano gli appelli del parroco in chiesa, ma serve il contributo paziente, sostenuto dalla grazia, di.ogni credente.
Ormai non possiamo più accontentarci di andare a Messa la domenica, dobbiamo ricostruire il tessuto umano e cristiano che traduca le belle occasioni di celebrazioni particolari in quotidianità di vita. È una delle sfide che, di fronte allo sfaldamento dei rapporti umani, tocca a noi, cristiani di questo tempo.
Famiglia Cristiana 23/2025