Caro Roberto, questo non deve sorprenderci trop­po in una società come la nostra così “eventiz­zata”, sempre più legata cioè a eventi singoli e sempre meno propensa ad appartenenze definite e stabili, almeno rispetto a un tempo non lontanissimo da noi quando queste appartenenze erano parte integrante dell’identità delle perso­ne.

Eventi di ogni tipo si moltiplicano e giocano sempre più un ruolo centrale nel tessuto culturale, eco­nomico, sociale della nostra vita. Con conseguenze, naturalmente, anche nel nostro vivere ecclesiale, perché la Chiesa vive nel mondo e partecipa con i battezzati alla vita concreta delle persone.

Il nostro tempo libero è, infatti, caratterizzato dalla frequenza di appuntamenti singoli e unici, che spaziano dai festival (ne stanno sorgendo ovunque e per qualunque tema), mostre d’arte, conferenze, cerimonie nazionali e locali, manifestazioni sportive e, naturalmente, celebrazioni liturgiche particolari come, soprattutto in questo tempo dell’anno, Battesimi, Comunioni e Cresime. Senza contare che, con l’aumentare della digitalizzazione, anche gli eventi virtuali online stanno guadagnando popolarità, ampliando l’accesso potenzialmen­te a tutti ma anche sfidando le espe­rienze tradizionali in presenza. Tutto questo favorisce un cambio di mentalità, sempre più orientato all’individualizzazione dei bisogni e al modo di soddisfarli, e toglie tempo e spazio a partecipazioni Più strutturate e costanti nel tempo. Molti di questi eventi, anche televi­sivi, sono proprio progettati per di­ventare esperienze memorabili en­fatizzando aspetti visivi, tecnologici e mediatici per attrarre e coinvolge­re un sempre Più vasto pubblico. Qualcosa che ti faccia dire: “C’ero anch’io”.

Dobbiamo riconoscere, tutta­via, che un aspetto importante di questa società “euentizzata” è la sua capacità di creare pur una cer­ta forma di aggregazione sociale. Gli eventi diventano piattaforme per l’interazione sociale e il “networ­king” (cioè il mettersi in rete), per­mettendo così alle persone di riunir­si intorno a interessi condivisi.

L’altra faccia della medaglia, però, oltre a una talvolta eccessiva impor­tanza alla dimensione commerciale di tali eventi, è che in essi l’investi­mento in termini di coinvolgimento personale e di stabilità delle relazio­ni è limitato. Infatti, se da un lato questo fenomeno contribuisce alla costruzione e al rafforzamento dell’identità sociale e culturale di un popolo o di una sua porzione lo­cale, offrendo stimoli che possono favorire in qualche modo un senso di appartenenza alla comunità, dall’altro, molto spesso, non danno luogo a forme di aggregazione sta­bile. Pensiamo anche a fenomeni ecclesiali mondiali, come le tante Gmg di questi decenni o la recente morte di papa Francesco e la se­guente elezione di Leone XIV.

Molti lamentano questa realtà di oggi, soprattutto se pensiamo a tempi ormai lontani in cui ogni pa­ese e città aveva molteplici realtà comunitarie, oggi almeno in parte scomparse: circoli culturali, sedi di partito, confraternite, associazioni e, ovviamente, esperienze ecclesiali legate soprattutto alle parrocchie (una per tutti l’Azione cattolica, oggi meno presente di un tempo).

Non deve coglierci di sorpresa, dunque, l’esperienza che hai fatto in parrocchia, ma che anche mol­tissimi di noi vivono proprio in questi giorni. Dobbiamo, allora, limitarci alle critiche rispetto a questa situazione o cercare di cogliere in essa, accanto al tramonto di un modo più comunitario di vi­vere la Chiesa, delle opportunità che si aprono?

Pensando positivo, e cercando motivi di speranza nella certezza che lo Spirito Santo guida sempre la Chiesa (e le singole chie­se locali in ogni luogo del mondo) a portare le anime a Cristo, dob­biamo apprezzare la bellezza di una liturgia ben preparata e coinvolgen­te come quella che hai vissuto. Il bello, il buono e il vero sono attra­enti di loro.

L’esperienza della fede nasce nel cuore dell’uomo proprio nell’incontro personale e unico con Gesù, il Buon e Bel Pastore che ci dona sé stesso nell’unica Verità che salva. Dobbiamo augurarci al­lora che quella bellissima espe­rienza di fede che avete vissuto in quell’ora della Messa non scivoli via dal cuore delle tante persone che erano presenti. Cioè che non sia stato un “evento qualsiasi”, ma talmente unico da far germoglia­re, in quello che hanno intravisto in chiesa, il desiderio di una festa continua, quella che ci viene offerta da Dio non solo nella comunione ultima e definitiva del paradiso ma, anche, qui e oggi in terra.

Forse le nostre parrocchie e in generale le nostre comunità cri­stiane fanno fatica a creare quel tessuto umano e comunitario di gio­ia che spinga le persone a voler continuare la festa tutti insieme nell’ordinarietà della vita. Per que­sto non bastano gli appelli del par­roco in chiesa, ma serve il contribu­to paziente, sostenuto dalla grazia, di.ogni credente.

Ormai non possia­mo più accontentarci di andare a Messa la domenica, dobbiamo ri­costruire il tessuto umano e cristia­no che traduca le belle occasioni di celebrazioni particolari in quoti­dianità di vita. È una delle sfide che, di fronte allo sfaldamento dei rapporti umani, tocca a noi, cri­stiani di questo tempo.

Famiglia Cristiana 23/2025