2024
ANNO DI PREPARAZIONE NELLA PREGHIERA

Brevi riflessioni proposte dalle Sorelle Clarisse di Rimini

Per prepararsi al Giubileo del 2025, Papa Francesco ha voluto che quest’anno fosse dedicato alla preghiera «per riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita personale, nella vita della Chiesa e del mondo». Per queste brevi meditazioni attingiamo spunti di riflessione e di preghiera dai testi del Papa.

«La preghiera è un dialogo intimo con il Creatore, un dialogo che parte dal cuore umano per giungere al cuore di Dio, alla sua misericordia capace di trasformare la nostra vita, amplificando, nella sua semplicità, la ricchezza del magistero della Chiesa.

La preghiera dovrebbe essere per il cristiano il “respiro” della vita spirituale, capace di non interrompersi mai, nemmeno mentre dormiamo, e senza la quale mancherebbe quell’atto vitale che ci mette in relazione con Dio.

Vissuta in questo modo, la vita della preghiera non si presenta come un’alternativa al lavoro e agli impegni che siamo chiamati a svolgere durante la giornata, ma piuttosto come ciò che accompagna ogni azione della vita, anche nei momenti in cui non è esplicitata.

Essa è capace di alimentare quella lampada che illumina il volto di Cristo presente nei fratelli, proprio come insegna il Catechismo quando afferma che la preghiera è «la relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo» (CCC 2565). In questo dialogo, il fedele non solo parla a Dio, ma apprende anche ad ascoltarlo, trovando le risposte e la direzione alla luce della sua presenza silenziosa. La preghiera diventa così il ponte tra il cielo e la terra, un luogo d’incontro dove il cuore dell’uomo e il cuore di Dio si intrecciano in un dialogo d’amore incessante.

Impegniamoci a trovare momenti di preghiera in tutte le circostanze che siamo chiamati ad affrontare, sia nelle gioie che nelle sfide della vita: nella preghiera scopriamo quanto siamo amati da Dio, e questa scoperta ci dà la speranza e il coraggio per vivere la giornata, così che i problemi da affrontare non siano più intralci alla nostra felicità, ma appelli di Dio, occasioni per il nostro incontro con Lui».

Papa Francesco dice che «nella preghiera, la misericordia divina si manifesta in modo profondo e personale, perché in essa scopriamo che ogni umano bisogno è, nel profondo, un richiamo continuo alla misericordia del Padre: solo con la preghiera umile, si può ottenere, infatti, la misericordia.

È necessario un cuore puro perché la preghiera sia vitale e mostri a Dio ciò di cui abbiamo bisogno, proprio come ha fatto il pubblicano al tempio.

La preghiera non è una bacchetta magica, non è una formula rigida che, se ripetuta correttamente, dona come in un commercio, il prodotto richiesto; nella preghiera, è Dio che deve convertire noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio.

Ciò che viene offerto deve essere la nostra stessa vita, perfino la nostra miseria! Solo così potremo sperimentare la compassione di Dio che, come un Padre, viene incontro ai suoi figli pieno di amore misericordioso.

La preghiera è il luogo nel quale i cristiani si riconoscono parte dell’«unica famiglia di Dio, perché con essa si rinforzano quei legami di fraternità che ci uniscono allo stesso Padre. Dove c’è preghiera, c’è comunione, e dove c’è comunione c’è preghiera.

Come diceva sempre s. Pio da Pietrelcina, la preghiera è una chiave capace di aprire il cuore di Dio, un cuore che non è blindato: noi possiamo aprirlo con una chiave comune, con la preghiera. Perché Dio ha un cuore d’amore, un cuore di padre. La preghiera è la più grande forza della Chiesa!».

Nel Vangelo di Luca troviamo i discepoli di Gesù che si avvicinano al Maestro con una richiesta profonda e significativa: «Signore, insegnaci a pregare».

Questa domanda nasconde il bisogno di un maestro, di una guida che accompagni verso le cose più importanti della vita. Alla scuola di un maestro, il discepolo può crescere solo se cammina nel solco segnato da chi lo precede e, pian piano, nascerà l’emulazione.

Stando alla presenza del Maestro, i discepoli, sono attratti dal suo modo di pregare, dal suo ritirarsi in disparte, dal rapporto con il Padre. Grazie a questa attrazione, il Maestro decide di insegnar loro a pregare, dando così vita ad un’autentica “scuola di Preghiera” che trasformerà un desiderio in una vera e propria esperienza capace di plasmare il loro rapporto con Dio e, dunque, con gli altri uomini.

Tutto ciò, richiama quel che il Santo Padre ha più volte ricordato, sottolineando come la preghiera non è solo una pratica devota, bensì essendo paragonabile a un «respiro dell’anima», è l’espressione di un bisogno profondo e naturale di ogni essere umano.

La preghiera, secondo Papa Francesco, è un vero dialogo con Dio, un «faccia a faccia con Lui» un momento di ascolto e di risposta, dove il fedele si apre alla volontà e alla guida del Signore. Sotto questo punto di vista, la richiesta dei discepoli rivela come la preghiera non sia una formula di comunicazione automatica, ma, al contrario, richiede l’insegnamento, la disciplina, le modalità che solo il Maestro può indicare, se come i discepoli glielo chiediamo.

Il Signore Gesù, nella sua preghiera, introduce gli apostoli e, con loro, tutti noi cristiani, a quello che può essere considerato il “modello di ogni preghiera”. È possibile, pertanto, affermare che il Padre nostro è scuola di preghiera.

Nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, infatti, troviamo il cuore stesso della nostra fede. Il Padre nostro è la preghiera che abbraccia l’universalità dell’esperienza umana e del mistero divino, capace di unire la semplicità di un bambino che si rivolge al proprio “papà” e la profondità di chi sa di stare alla presenza del Mistero.

Essa è veramente, come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, riprendendo Tertulliano, «la sintesi di tutto il Vangelo». È una preghiera che tocca tutte le dimensioni della nostra esistenza: la santità di Dio, il suo regno, la nostra vita quotidiana, il perdono reciproco, la nostra lotta contro il male; dicendo “Padre nostro” siamo portati sempre più vicino al cuore di Dio e al cuore della nostra fede.

Questa preghiera non è un semplice insieme di parole e di necessità, ma un cammino verso l’intimità con il nostro Padre Celeste: essa ci insegna a rivolgerci a Dio con una fiducia filiale, chiamandolo “Padre” con semplicità e amore. Non serve moltiplicare parole vane: Gesù ci insegna l’essenziale, ci mostra che, con il Padre, si può parlare con semplicità di cuore, perché Egli, dice il Signore, «sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6,8).

La Vergine Maria occupa nella vita e, quindi, anche nella preghiera del cristiano un posto privilegiato, perché è la Madre di Gesù. Le Chiese d’Oriente l’hanno spesso raffigurata come l’Odigitria, colei che “indica la via”, cioè il Figlio Gesù Cristo. Le sue mani, i suoi occhi, il suo atteggiamento sono un “catechismo” vivente e sempre segnalano il cardine, il centro: Gesù. Maria è totalmente rivolta a Lui. A tal punto, che possiamo dire che è più discepola che Madre.

Questo è il ruolo che Maria ha occupato per tutta la sua vita terrena e che conserva per sempre: essere l’umile ancella del Signore, niente di più. A un certo punto, nei Vangeli, ella sembra quasi scomparire; ma ritorna nei momenti cruciali, come a Cana, quando il Figlio, grazie al suo intervento premuroso, fece il primo “segno” (cfr Gv 2,1-12), e poi sul Golgota, ai piedi della croce.

Gesù ha esteso la maternità di Maria a tutta la Chiesa quando le ha affidato il discepolo amato, poco prima di morire in croce. Da quel momento, noi siamo collocati tutti sotto il suo manto. Anche la prima antifona latina “Sotto la tua protezione troviamo rifugio, Santa Madre di Dio” presenta la Madonna che, come Madre alla quale Gesù ci ha affidati, avvolge tutti noi.

Maria è sempre presente al capezzale dei suoi figli che partono da questo mondo. Se qualcuno si ritrova solo e abbandonato, ella è Madre ed è lì vicino, come era accanto al suo Figlio quando tutti l’avevano abbandonato.

Donna del “sì”, che ha accolto con prontezza l’invito dell’Angelo, risponde pure alle nostre suppliche, ascolta le nostre voci, anche quelle che rimangono chiuse nel cuore, che non hanno la forza di uscire ma che Dio conosce meglio di noi stessi.

Le ascolta come Madre. Come e più di ogni buona madre, Maria ci difende nei pericoli, si preoccupa per noi, anche quando noi siamo presi dalle nostre cose e perdiamo il senso del cammino, e mettiamo in pericolo non solo la nostra salute ma la nostra salvezza.

Maria è lì, a pregare per noi, a pregare per chi non prega. A pregare con noi, perché lei è la nostra Madre.

La perseveranza nel pregare è un invito, anzi, un comando che ci viene dalla Sacra Scrittura. L’itinerario spirituale del Pellegrino russo comincia quando si imbatte in una frase di San Paolo nella Prima Lettera ai Tessalonicesi: «Pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie» (5,17-18).

La parola dell’Apostolo colpisce quell’uomo ed egli si domanda come sia possibile pregare senza interruzione, dato che la nostra vita è frammentata in tanti momenti diversi, che non sempre rendono possibile la concentrazione.

Da questo interrogativo comincia la sua ricerca, che lo condurrà a scoprire quella che viene chiamata la preghiera del cuore. Essa consiste nel ripetere con fede: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!”.

Una semplice preghiera, ma molto bella, che, a poco a poco, si adatta al ritmo del respiro e si estende a tutta la giornata. In effetti, il respiro non smette mai, nemmeno mentre dormiamo; e la preghiera è il respiro della vita.

Come è dunque possibile custodire sempre uno stato di preghiera?

San Giovanni Crisostomo, un pastore attento alla vita concreta, diceva così: «Anche al mercato o durante una passeggiata solitaria è possibile fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate».

Piccole preghiere: “Signore, abbi pietà di noi”, “Signore, aiutami”. Dunque, la preghiera è una sorta di rigo musicale, dove noi collochiamo la melodia della nostra vita. Non è in contrasto con l’operosità quotidiana, non entra in contraddizione con i tanti piccoli obblighi e appuntamenti, semmai è il luogo dove ogni azione ritrova il suo senso, il suo perché, la sua pace.

I tempi dedicati a stare con Dio ravvivano la fede, la quale ci aiuta nella concretezza del vivere, e la fede, a sua volta, alimenta la preghiera, senza interruzione.

In questa circolarità fra fede, vita e preghiera, si mantiene acceso quel fuoco dell’amore cristiano che Dio si attende da noi.