Felicemente prete dal 1964
Sono nato nel 1939. In quarta elementare è sorto in me, non saprei dire come, il desiderio di “farmi prete”. In prima media sono entrato in Seminario. L’ideale sacerdotale, negli anni di formazione, si è maturato e, nel 1964, sono stato ordinato sacerdote. Le circostanze della mia formazione e dei primi anni del ministero sacerdotale furono particolari: formazione avvenuta prima e durante il Concilio, dunque una formazione pre-conciliare; ministero all’insegna del fervore per il rinnovamento pastorale che il concilio aveva portato.
Per volere di Dio e per le scelte del Vescovo ho vissuto i miei primi otto anni di sacerdozio, con altri preti, nella comunità del Seminario come educatore dei seminaristi. Una situazione provvidenziale, perché mi ha dato la possibilità di vivere “l’effervescenza di quegli anni di rinnovamento”, nel seminario: “cuore pulsante della Diocesi”. Considero quegli anni come i più importanti nella mia formazione sacerdotale. Mi sono sentito felice di essere prete. Ho compreso e sperimentato che centro di tutta la vita della Chiesa e, a maggior ragione, del prete è e deve essere l’Eurarestia e la Parola. Questa convinzione mi accompagnerà poi in tutte le fasi del mio ministero.
Nel 1972 il vescovo Biancheri mi ha assegnato alla parrocchia di S. Martino di Riccione, prima come cappellano poi, nel 1973, come parroco. Il Signore mi ha voluto veramente bene, perché ho condiviso, da subito, il nuovo impegno pastorale con altri sacerdoti. Una vera fraternità capace di vivere la condivisione non solo sul piano spirituale e pastorale, ma anche sul piano economico fino a fare “cassa comune”. A noi sacerdoti si sono aggiunti i seminaristi teologi; stavano con noi nei week-end e durante le vacanze per fare esperienza di vita comunitaria e pastorale. Con la loro presenza la fraternità si è arricchita; ricordo poi, con affetto e riconoscenza, che ne faceva parte anche mia sorella (Tina) : nella fraternità lei era la figura materna. Il lavoro era tanto, essendo una delle parrocchie più grandi della Diocesi, ma non mi spaventava, perché lo condividevo con altri sacerdoti e con i seminaristi; inoltre cresceva in me la consapevolezza che la Chiesa non è mia, ma è di Gesù. Mi era di conforto un’antifona dell’ora media che recita così: “Signore, guarda la Chiesa, è tua da sempre”. Avvertivo il peso dei miei limiti, ma non mi spaventavano, consapevole che il risultato non poteva dipendere solo da me. Io potevo vivere al meglio il mio impegno, ma perché la mia e nostra azione fosse efficace doveva essere preceduta e accompagnata da molta preghiera, perché è il Signore che “fa crescere”. Oltre alla collaborazione di preti e seminaristi facevo affidamento sulle famiglie: formate e sollecitate, diventavano sempre più capaci di condividere il lavoro pastorale. Sono stati anni di grande soddisfazione, pur con immancabili sofferenze. Dopo 27 anni, avevo la sensazione che la parrocchia avesse bisogno di un rinnovamento. Ritenevo che stare troppo tempo nella stessa parrocchia potessi correre il rischio di cadere nella ruotine; per un vero rinnovamento, non solo della parrocchia, ma anche mio, ritenevo utile un avvicendamento. Dopo aver pregato, ho presentato al vescovo questa mia preoccupazione e ho chiesto di affidare ad altri la parrocchia di S. Martino e a me una parrocchia più piccola.
Nel 2000 sono diventato parroco di San Nicolò al Porto. Ho fatto molta fatica a lasciare Riccione e a inserirmi nella nuova realtà riminese, ma la parrocchia era piccola e, in breve tempo, mi ci sono affezionato. Dopo appena tre anni la parrocchia è stata unita a tutte le parrocchie del centro storico di Rimini.
Dal 2003 al 2014 mi sono trovato, con don Vittorio Maresi e altri preti collaboratori a “correre” per tutta la città. Il compito era complesso; si trattava di sollecitare le persone, affezionate alle loro parrocchie, a confluire nella nuova parrocchia di S. Agostino. L’invito più pressante, poiché la Chiesa si edifica attorno all’Eucaristia, fu quello di prediligere la partecipazione all’Eucaristia domenicale nella chiesa parrocchiale, e quindi a cooperare per la formazione della nuova comunità. Sono stati anni molto impegnativi, ma ricchi di frutti.
Giunto al compimento dei miei 75 anni ho chiesto, con insistenza, al vescovo di provvedere la parrocchia di un parroco più giovane. Non ero stanco di essere prete, ma quando nel 2014 sono stato sollevato dal compito di parroco ed è arrivato don Vittorio Metalli, mi sono sentito rinfrancato. Ero e sono contento di collaborare con lui e ne seguo fiducioso le indicazione. Sicuramente c’è ancora tanto spazio anche per me; mi si richiede però tanta discrezione. È mia profonda convinzione che quando un parroco rassegna il suo mandato, ma rimane in parrocchia, debba favorire al massimo le scelte pastorali e le diverse iniziative che il nuovo parroco intende promuovere. Grazie all’opera di Don Vittorio e alla collaborazione di tanti la parrocchia sta crescendo e io ne gioisco immensamente.
Quindi: felicemente prete dal 1964.