don Sisto Quinto Casadei Menghi
Bollettino della Diocesi di Rimini n. 62 (novembre 1984)
Nato a Montescudo il 31 ottobre 1912 Morto a Loreto il 19 ottobre 1984
Martedì 19 ottobre, alle ore 21, sì è spento don Sisto Casadei, parroco di S. Agostino. Aveva 72 anni. Si trovava a Loreto con il pellegrinaggio dell’Unitalsi allorché fu colto da improvviso malore al quale fece seguito il coma irreversibil e la morte.
Il funerale è stato celebrato venerdì nella sua chiesa parrocchiale con una solenne concelebrazione di una settantina di sacerdoti e una numerosissima folla che gremiva il tempio. Il vescovo mons. Locatelli che presiedeva la concelebrazione, ricordò la sua vita poliedrica, in particolare i movimenti e i gruppi che aveva presieduto o a cui aveva collaborato.
Era nato a Montescudo il 31 ottobre 1912. Aveva celebrato la prima messa nel 1935. Come usava in quei tempi fece pratica pastorale come cappellano a S. Giovanni in Marignano e a Cattolica. Nel 1943 fu nominato parroco a Castelnuovo di Auditore e nel 1946 fu promosso al capoluogo di Montefiore Conca. Nel 1951 veniva designato economo del Seminario e canonico della Cattedrale. Da lì, nel 1957, passava alla chiesa cittadina di S. Agostino, parrocchia che ha retto sino alla fine.
Ma Don Sisto non lavorò esclusivamente nell’ambito parrocchiale; la sua attività è puntualizzata presso molti movimenti e organismi ecclesiali. Anzitutto, fu assistente diocesano degli uomini di Azione Cattolica e dei Comitati civici. Più tardi con l’insorgere di nuove esperienze religiose, partecipò al Movimento di Rinascita, alla Caritas e al Movimento per la vita. Fu anche assistente dei delegati per l’Università cattolica.
Tuttavia, dove restò “imprigionato” sino alla morte sono le Opere Missionarie L’Unitalsi. E fu quest’ultima che lo inserì nel pianeta del bisogno e della sofferenza fisica e morale; lo catturò al segno che non seppe più liberarsene. E morì in prima linea durante il pellegrinaggio dei malati a Loreto. Stando con le voci, fu a Loreto che aprì il suo sacerdozio ufficiale e lo chiuse: la prima e l’ultima messa; il principio e la fine.
Don Sisto appartiene a quella generazione di sacerdoti che hanno visto cambiare la chiesa e la società civile nell’arco di cinquant’anni: dalle strutture postridentine dell’anteguerra alle grandi riforme del Concilio Vaticano II; dalla comunità contadina strutturalmente religiosa, alla società postindustriale segnata dal laicismo e dalla religione del consumismo.
Malgrado il marasma in cui fu chiamato a vivere e a lavorare, non ne uscì un moralista, non fu un salice piangente. Sdrammatizzava tutto; non si perdeva d’animo.
Con quel suo carisma di semplicità disarmante, prese la vita e il mondo dal verso giusto: quello appunto di uno che viaggia un palmo al di sopra delle tempeste quotidiane. Che, tutto sommato, è lo stile del Vangelo.
ILPONTE 23 Febbraio 2008
Al primo posto ci sia la carità
Con l’arrivo nel 1977 di monsignor Giovanni Locatelli, Vescovo della Chiesa riminese fino al 1988, l’incarico di seguire il centro diocesano di aiuto ai più poveri viene affidato al canonico della chiesa di Sant’Agostino, Sisto Quinto Casadei Menghi.
Seguendo le indicazioni pastorali del Vescovo si vanno formando in Diocesi i vari Centri di Pastorale con l’intento di raggruppare tutte le realtà di Chiesa che per affinità di programmi e di servizio possono svolgere un’azione comune.
Ma è solo l’anno dopo la nomina a Vescovo di Rimini di monsignor Giovanni Locatelli che in diocesi nasce ufficialmente la CARITAS con l’Atto di Costituzione del “Centro Pastorale della Carità” il 25 gennaio 1978 come da proposta del Consiglio Permanente della C.E.I.
(Bollettino della Diocesi di Rimini anno 1978 n.2 nuova serie ndr.)
Don Sisto Quinto Casadei Menghi viene nominato ufficialmente Direttore della neonata Caritas Diocesana. Il Centro Pastorale Caritas, vede raggruppati tutti gli Enti, Associazioni, Comunità o gruppi vari che sono impegnati in qualche modo nel campo dell’assistenza.
Cinzia Sartini
Don Sisto Quinto Casadei Menghi: il primo direttore della Caritas Diocesana
“Camminava a piccoli passettini avvolto nella sua capparella, per il centro storico, ed era subito riconoscibile con quel suo abito talare e l’incedere lento.
Una persona con il fisico provato negli ultimi suoi anni dalla malattia, ma che spendeva tutta la sua vita, dal mattino dopo la Messa nella Chiesa di Sant’Agostino fino a sera, per gli altri.
Incontro, tempo, spazio, il guardarsi dritto negli occhi. Don Sisto questo lo faceva con ognuno.
Aveva un dono di Carità fuori misura: l’ascolto”.
Così lo descrive, con un delicato tratteggio, così lo ha conosciuto, il professor Natalino Valentini, nel suo incontro con la Caritas dei primi anni 80.
Sisto Quinto Casadei Menghi, primo Direttore Responsabile della Caritas riminese, un nome lungo da ricordare, ma per tutti i bisognosi che andavano a bussare alla sua porta, a Sant’Agostino, era semplicemente il ‘canonico’, o don Sisto.
“Uno stile di vita di una generosità commovente – prosegue il professor Valentini. Aveva un rapporto diretto e fraterno con i fratelli in difficoltà, corrispondendo spesso gli aiuti anche di tasca propria.
Cercava di dare una connotazione diversa al servizio di Carità in Diocesi.
Negli anni precedenti l’ufficializzazione della Caritas, non c’era ancora l’esigenza pedagogica, perciò ci si adoperava per corrispondere al meglio alle urgenze dell’oggi, attrezzandosi per provvedere ai casi di necessità.
Don Sisto pensava più ad una corrispondenza del bisogno immediata, ma erano solo i primi passi della realtà che avrebbe poi portato alla Caritas riminese, tutto il resto è venuto dopo, anche con le direttive di Caritas italiana.
I primi anni ci furono sì, carenze di organizzazione, di mezzi, strutture, di soldi: ma mai di capacità di relazione affettiva, umanità e d’ascolto.
Spesso, più le realtà si istituzionalizzano, più rischiano di perdere la dimensione della Carità.
Molti poveri ed indigenti erano del luogo. Anziani, persone sfrattate, barboni. Don Sisto in quegli anni era assistente spirituale del Vadas (Apostolato per le persone anziane con problemi di salute ndr.) e dell’Unitalsi, così si cercava di compensare anche questo tipo di ‘povertà’.
Dalla metà degli anni 80 l’emergenza furono i tossicodipendenti di Rimini, ma anche provenienti da fuori provincia”.
Da lì nacque la necessità di comunicare e collaborare con realtà come la comunità Papa Giovanni XXIII, il Gruppo Abele, comunità Incontro o il Ceis di don Picchi.
In via Dante, in Curia c’era la segreteria, con la processione dei casi che venivano da altre parrocchie del circondario. Per dormitorio venivano utilizzati a volte i locali dell’Istituto San Giuseppe, attuale sede della Caritas diocesana, altre volte si faceva ricorso ad alberghetti che garantivano un tetto a prezzo modico. Ma erano tutte sistemazioni temporanee. La prima mensa organizzata, grazie anche alla Papa Giovanni XIII, fu allestita nei locali adiacenti la parrocchia di San Giuliano Martire a metà anni 80.
Ma il vero salto di qualità arrivò con il trasferimento di mensa ed alloggi in via Santa Chiara.
(Cinzia Sartini Giovanardi)