Caro Alberto,io non so bene come funzionino le cose lassù da voi, ma mi piace immaginare che ci debba pur essere da qualche parte nella Gerusalemme celeste un ampio, comodo balcone dal quale – non saprei dire se a turno o tutti insieme – voi, beati, angeli e santi, vi potete affacciare per scrutare dall’alto l’intero panorama del nostro minuscolo globo terrestre. Tu ricorderai certamente di aver incontrato nella Divina Commedia – quando frequentavi qui, a Rimini, il Liceo Classico “Giulio Cesare” – quel verso in cui il sommo poeta descrive la terra, inquadrata in lontananza dalcielo, come “l’aiuola che ci fa tanto feroci”. Penso che, se si trovasse a scrivere oggi il suo divino poema, Dante userebbe senz’altro la stessa espressione, ma sarebbe costretto a cambiare la metafora dell’aiuola. Infatti il villaggio globale del terzo millennio non solo non rassomiglia più a un incantevole giardino, ma semmai fa venire alla mente una giungla feroce, che oltretutto, e soprattutto a causa del devastante degrado ambientale, risulta un pianeta sporco e inabitabile, un mondo sempre meno “mondo” e sempre più “in-mondo”, insomma un gigantesco immondezzaio, altro che aiuola fiorita e verdeggiante!