Secondo la tradizione il Santo Patrono di Reggio Emilia visse nel V secolo e fu vescovo di Reggio Emilia tra il 480 ed il 505 circa. Secondo l’usanza di allora il Vescovo veniva eletto dal clero e dal popolo riuniti in assemblea – famoso è l’esempio di S. Ambrogio – scegliendolo tra i preti o laici più stimati per fede, dottrina e pietà.

Per capire il ruolo di San Prospero nella vita e nella storia della città e della diocesi, bisogna rivedere le vicende di quei tempi difficilissimi. Nel 476 Odoacre, capo degli Eruli, prima mercenario, poi invasore dell’impero Romano d’Occidente, aveva sconfitto e ucciso il generale romano Oreste a Pavia e deposto l’ultimo imperatore Romolo Augustolo.

Poi per parecchi decenni Odoacre regnò sull’Italia col titolo di Patrizio romano, appropriandosi di un terzo delle terre per assegnarle ai suoi soldati e alle loro famiglie. Si ebbe quindi in Italia un periodo di relativa calma, se si eccettuano i facili soprusi e le violenze che si verificarono mentre i proprietari grossi e piccoli venivano spogliati delle loro terre e case, spesso costretti alla fuga o uccisi se si opponevano alla confisca… Ma ecco che i patti e le alleanze di Odoacre con i Vandali d’Africa, i Visigoti di Spagna, i Franchi e i Burgundi di Francia, ingelosirono Zenone, imperatore d’Oriente, il quale anche per liberarsi di Teodorico e dei suoi Ostrogoti, li spinse ad invadere l’Italia. Quasi quattro anni durò la guerra tra Eruli ed Ostrogoti, Odoacre fu sconfitto nel 489 sull’Isonzo poi a Verona poi sull’Adda e costretto a rifugiarsi a Ravenna

Qui resistette tre anni all’assedio, poi nel 493 si arrese e fu ucciso a tradimento. Quattro anni di guerra, di scorrerie e di saccheggi dell’esercito per mantenersi! Quattro anni di anarchia e di violenze in tutta la nostra regione, mentre i cittadini più ricchi e colti, i magistrati romani fuggivano a sud.

La gente abbandonava la pianura e si rifugiava sui monti e nei boschi. In questa situazione furono i Vescovi che dovettero assumere gli oneri dei magistrati, spesso anche come giudici ed amministratori delle città. In mancanza di altri e per il primato religioso e morale, di cui erano investiti, i Vescovi dovettero esercitare sia le funzioni religiose che pubbliche, veri difensori della città.
In questi gravosi compiti San Prospero dovette distinguersi più che i sette Vescovi suoi predecessori, non solo per le sue virtù e dottrina, ma sopratutto per la diffusione del Vangelo, la protezione dei deboli e l’assistenza agli sbandati.

San Prospero visse tra il 410 e il 500 circa, ma di quel tempo pressochè tutto è andato distrutto. A San Prospero va la devozione locale a seguito del salvataggio della città dal sacco di Attila. Anno 490 d.C., l’impero romano d’occidente è oramai decaduto e tutti i territori una volta sotto al suo controllo sono oramai preda di saccheggi e razie. Giungono voci che le terribili armate di Teodorico puntano su Roma distruggendo e depredando tutto quello che trovano sul loro cammino. 

Reggio non è che un paese, privo di difese che oramai sembra condannato a subire la furia dei barbari. La piccola comunità non sa cosa fare nè a chi rivolgersi ed è proprio in questa situazione che il Vescovo Prospero riunisce tutti gli abitanti nella nuova chiesa di Sant’Apollinare per riunirsi in preghiera. Oramai solo un miracolo potrebbe salvare la città. Il tempo passa e le preghiere sembrano cadere nel vuoto. Il Vescovo allora per provare a salvare la città esce dalla chiesa e si muove da solo verso le campagne dalle quali si sentono già le grida dei barbari. Sempre solo raggiunge le schiere nemiche e chiede a Teodorico in persona di risparmiare la città e che Dio lo avrebbe premiato per un tale atto di generosità. Il Re barbaro scoppia invece a ridere e umilia l’uomo che si è dimostrato debole e inerme. Il Vescovo invece, per nulla intimorito solleva lentamente le braccia e da subito una fittissima nebbia cominciò a formarsi, uscendo dalla terra come se la pianura stessa l’avesse espirata. La campagna, la città, fino anche alle montagne, tutto fu coperto da una coltre così fitta e compatta da sembrare latte. I barbari, spaventati da questo prodigio si ritirarono giurando che appena la nebbia si fosse diradata avrebbero raso al suolo la città. Ma la nebbia non si diradò e ammessa la sconfitta le schiere abbandonarono la regione senza riuscire nel loro intento.

Sotto l’altar maggiore della chiesa di San Prospero, a Reggio Emilia, sono custodite le reliquie del santo patrono della città sul quale poche sono le notizie certe. Si sa soltanto che fu vescovo della città nel V secolo e che il suo culto è antichissimo, attestato certamente dal IX secolo grazie ad alcuni documenti che ci sono pervenuti. Secondo la tradizione venne sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare, l’attuale Sant’Agostino, vicino alla quale è stata scoperta una necropoli del IV secolo: la presenza di una zona cimiteriale fuori dell’antica città romana, nel suburbio meridionale, dove un divieto che risaliva alle leggi delle Dodici Tavole proibiva di seppellire i morti, permette di considerare fondata questa tradizione, sicché si può congetturare che nella tarda antichità e nel primo periodo longobardico quella fosse la cattedrale.

Nell’VIII secolo i Longobardi fondarono nel suburbio settentrionale una nuova cattedrale, dedicata a san Prospero, dove trasportarono anche il suo corpo. Il Sermo de translatione, che insieme con la Omelia de Vita sancti Prosperi è la più antica narrazione agiografica e risale probabilmente al X secolo, racconta che al tempo di Liutprando, re dei Longobardi, al vescovo di Reggio, Tommaso, apparve in sogno san Prospero vestito con la bianca stola episcopale, che gli ordinò di costruire una nuova e più grande basilica per venerare il suo corpo poiché le invasioni barbariche che avevano devastato Reggio avevano reso inservibile quella che si trovava nella zona cimiteriale. Il vescovo, riferita la visione ai fedeli, edificò la nuova chiesa che fu dedicata al santo patrono. Nel giorno della traslazione, celebrata il 24 novembre mentre il dies natalis cadeva e cade il 25 giugno, oltre agli aromi che si sparsero dal sepolcro si ebbero tante guarigioni miracolose a testimoniare la santità dell’antico vescovo di Reggio.

Nella seconda metà del X secolo, il corpo di san Prospero fu trasportato all’interno della città, nella basilica di Santa Maria, diventata la nuova cattedrale, per sottrarlo alle inondazioni abbastanza frequenti in quel periodo. Successivamente il vescovo Teuzone costruì per ospitare le sue reliquie una nuova basilica che venne consacrata da papa Gregorio V nel 997: l’attuale San Prospero in Castello ricostruita poi nel XVI secolo. In quel periodo Prospero era considerato ormai il patrono di Reggio: l’esaltazione della sua figura era cominciata all’inizio del secolo quando il vescovo Pietro era diventato il fulcro della vita cittadina riorganizzandone l’amministrazione e le difese con l’erezione dei castra,cioè dei terrapieni, fossi e palizzate in grado di fermare i combattenti a cavallo, e aveva ottenuto diversi privilegi imperiali, assumendo la carica e le funzioni di amministratore pubblico, di conte. La sua nuova funzione comportava la necessità di conferire autorevolezza al suo potere; e a questa esigenza era perfettamente funzionale l’esaltazione di un vescovo del passato come modello ideale per la popolazione. Fu proprio allora che si compilarono i due testi agiografici e che venne spostata la sede dell’episcopio dalla basilica fuori delle mura a quella di Santa Maria, più facilmente difendibile.


Un agiografo fantasioso inventò anche una leggenda su san Prospero narrando nella Vita che nel V secolo lo scrittore Prospero d’Aquitania, donate le sue ricchezze ai poveri e liberati gli schiavi, si recò in pellegrinaggio a Roma dove venne accolto da papa Leone Magno. Poi Prospero manifestò l’intenzione di recarsi in Calcedonia per combattere un’eresia, ma il pontefice ebbe una visione secondo la quale egli sarebbe dovuto diventare il nuovo vescovo di Reggio. Sicché Prospero partì per la città emiliana dove in quei giorni era morto il vescovo e un sacerdote aveva avuto la visione che stava per giungere da Roma il nuovo pastore. Arrivò a Reggio preceduto dalla sua fama di santità e venne accolto trionfalmente dal clero e dal popolo che lo acclamarono loro vescovo. Predicò ai fedeli con un’omelia che l’agiografo prese in prestito dalla Vita di sant’Epifanio di Pavia di Ennodio, dove si esaltava la figura del vescovo come padre e difensore e pacificatore della città. Sicché l’agiografo, identificando il patrono della città con il più noto san Prospero di Aquitania, teologo agostiniano, morto nel 463, otteneva due risultati: di esaltarne la figura e di utilizzarlo come strumento di coesione civile. Da questa contaminazione si diffuse una leggenda dove si attribuivano al vescovo di Reggio gli scritti dell’aquitano e a questi l’episcopato : leggenda che indusse in errore persino il Baronio che nel Martirologio Romano fissò il dies natalis al 25 giugno. Sicché oggi entrambi i santi sono venerati alla stessa data.

Quanto a san Prospero di Reggio Emilia non possediamo nessun documento attendibile per ricostruirne la figura: che nell’iconografia appare in abiti episcopali e il modellino della città fra le mani, come nella Madonna coi santi Bernardo e Prospero di Giovanni Soncini, nei Musei Civici di Reggio Emilia, mentre nella statua cuspidale della basilica di San Prospero in Castello è un angioletto ai suoi piedi a reggere vezzosamente il modellino. Talvolta appare anche con un libro fra le mani a ricordo della sua presunta identificazione con il teologo Prospero di Aquitania.